Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XIX – 12 marzo 2022.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Malattia
di Alzheimer: il meccanismo patogenetico che rende le donne più vulnerabili. Studi epidemiologici indicano un rischio due volte
maggiore nelle donne di sviluppare la malattia di Alzheimer, ma le ragioni sono
rimaste finora ignote. Keqiang Ye e colleghi,
sostenitori della tesi che la via C/EBPβ/AEP costituisca l’elemento
patogenetico chiave per le malattie neurodegenerative, hanno dimostrato che l’aumento
di FSH, che si ha dopo la menopausa, determina mediante il legame ai recettori
(FSHR) dei neuroni l’attivazione della via C/EBPβ/AEP, che causa patologia
βA e tau. Il ruolo patogenetico di un eccesso di FSH è compatibile con
numerose altre evidenze. [Xiong J., et al.,
Nature – AOP doi: 10.1038/41586-022-04463-0, 2022].
Effetti
sul cervello e sulla mente delle fedi che comportano il dare conto a Dio del
proprio operato. Ricercatori
della Baylor University, del Westmont
College e dell’Hope College, hanno indagato il benessere psicologico nei
credenti che sentono di dover dare conto a Dio delle proprie azioni,
riscontrando che le persone più responsabili verso la divinità facevano
registrare livelli più alti di tre delle quattro variabili da cui dipende il
benessere psicologico. L’associazione è risultata più forte nelle persone che
pregano più di frequente, suggerendo che la responsabilità verso Dio associata
alla preghiera accresca lo stato psichico di appagamento, serenità, stabilità e
soddisfazione per gli esiti delle esperienze quotidiane. [Fonte: Journal of
Religion and Health, Baylor University and Neuroscience News, March, 2022].
Medici
e scienziati di Life Sciences contro la guerra e contro ogni guerra, per
la vita. La foto della BBC di un’angelica
ragazza bionda dagli occhi azzurri, che punta un mitragliatore tenendolo alzato
e prossimo al viso, ha fatto il giro del mondo come emblema del cambiamento d’epoca
da quando le femministe denunciavano la guerra come follia del mondo maschile,
di cui le donne erano solo vittime. Cambiano le armi, le circostanze storiche,
le condizioni e i protagonisti, ma la sostanza della guerra rimane la stessa: morte,
distruzione e danni permanenti a persone e cose. La barbarie della guerra è in
antitesi con tutto ciò che la scienza, la ricerca, la medicina rappresentano
per il genere umano, ossia il desiderio di conoscenza, salute e vita per sé e
per tutti.
Noi, che cerchiamo
nel nostro piccolo di dare un contributo alla conoscenza finalizzata a salvare,
prolungare e migliorare la vita, aspiriamo al fine della cancellazione dalla
faccia della terra del diritto di uccidere. Noi riteniamo che sia dovere di
ogni persona dare il proprio contributo per creare consapevolezza del valore
e della necessità della pace quale atteggiamento mentale individuale e
universale. Noi, della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia,
riteniamo che gli stati nazionali di tutto il mondo, così come hanno saputo
imporre ai propri cittadini norme a tutela della vita durante la pandemia,
debbano contribuire fattivamente a realizzare la cultura della pace con strumenti
legislativi e provvedimenti di efficacia pratica, a cominciare dal disarmo di
tutti i cittadini, mediante l’abolizione dell’uso legale delle armi, fino allo
sviluppo di un lavoro in sede di diplomazia internazionale col fine ultimo di
ottenere la neutralità globale.
Una delle
ragioni della sensibilità di neuroscienziati e medici psichiatri ai problemi
dei sopravvissuti alle guerre si trova nella nostra nota di questa settimana: Note
e Notizie 12-03-22 Danni della guerra al cervello dei superstiti.
Malattia
di Alzheimer: i rapporti familiari e sociali possono ridurre la gravità dei
sintomi. Un amplissimo studio
condotto in 183 paesi del mondo da ricercatori di medicina evoluzionistica
della University of Adelaide ha dimostrato che gli anziani che vivono in
famiglia, con rapporti quotidiani con parenti e conviventi, e gli anziani che
vivono in grandi condomini con incontri frequenti con decine di persone diverse,
con le quali intrattengono relazioni di amicizia e vicinato, presentano un rischio
molto più basso di morire di demenza e, se affetti dalla malattia di Alzheimer,
presentano un decorso più prolungato e meno grave. [Cfr. You W. & Henneberg M., PLoS ONE 17 (3):
e0263309, March 5, 2022].
Il
disturbo da uso di cannabis in pazienti schizofrenici: una possibilità di
trattamento. Il
moltiplicarsi dei “cannabis store” anche in Italia, dove i governanti si sono
piegati agli interessi economici di una lobby che diffonde sottocultura antiscientifica,
ha moltiplicato anche da noi il numero di casi di psicotici schizofrenici e persone
affette da altri disturbi mentali che assumono marijuana “terapeutica” o
ricorrono a spinelli e altre preparazioni della cannabis come automedicazione,
sviluppando forme più o meno gravi del disturbo da uso di cannabis, che
contribuisce a deteriorare la cognizione e l’affettività di queste persone. La
stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS)
ha ottenuto una riduzione dell’assunzione di cannabis negli schizofrenici
superiore al 60%. [Cfr. Bidzinski K. K., Schizophrenia 8, 2, 2022].
Cervelletto:
una risposta collettiva a domande sul ruolo del cerebrocerebellum. Gli emisferi laterali del cervelletto, cerebrocerebellum nella nomenclatura anatomica
internazionale, sono parte di un circuito di feedback interno di alto
livello che pianifica il movimento e regola i programmi motori della corteccia
cerebrale. Nella specie umana partecipa alle funzioni percettive e cognitive,
presenta uno sviluppo proporzionato a quello della neocorteccia dalla quale
riceve esclusivamente l’input, a differenza di altre regioni cerebellari
che ricevono fibre direttamente dal midollo spinale.
Questo input
corticale è trasmesso attraverso i nuclei pontini e il peduncolo cerebellare
medio al nucleo dentato controlaterale e all’emisfero cerebellare
corrispondente. I neuroni di Purkinje degli emisferi laterali cerebellari proiettano
al nucleo dentato. La maggior parte degli assoni del nucleo dentato esce dal
cervelletto attraverso il peduncolo cerebellare superiore diretta a due siti
principali: 1) talamo ventrolaterale del lato opposto → da qui alla
corteccia motoria primaria e premotoria; 2) nucleo rosso controlaterale →
da qui al nucleo olivare inferiore → assoni di ritorno come fibre
rampicanti al cervelletto controlaterale, costituendo un loop o
anello ricorrente.
Le lesioni
degli emisferi cerebellari laterali o Cerebrocerebellum
alterano la pianificazione motoria e prolungano il tempo di reazione.
Evidenze
sperimentali indicano che il Cerebrocerebellum partecipa a funzioni cognitive non connesse con il controllo motorio. [BM&L-Italia,
marzo 2022].
Questioni
di verità nel discorso scientifico: necessità di superare gli errori del
passato. Frequentemente la nostra
società scientifica riceve comunicazioni e corrispondenza sull’argomento del vero
scientifico, confuso spesso con la verità, a sua volta fraintesa nei
differenti valori semantici attribuiti al termine generico che la designa nel
lessico comune. Atteso che la ricerca si occupa di un vero relativo a un
metodo, a beneficio di tutti, per una migliore comprensione, Monica
Lanfredini adotta una chiave filosofica per proporre le principali distinzioni.
I Greci
distinguevano la verità intesa nella dimensione della rivelazione,
designandola col termine a-lētheia, letteralmente
il “non nascosto”, dal vero come contrapposto al falso, ossia la verità
in termini di orthotēs. Il primo concetto
si attaglia al valore assoluto della verità rivelata del sapere religioso; il
secondo concetto è ideale per indicare la giusta risposta a una domanda, in
quanto si richiama all’ordine logico della correttezza.
Se consideriamo
la verità come esito di un giudizio, allora possiamo utilmente prendere
in esame una gamma che va dal giudizio percettivo al giudizio
astratto su valori trascendenti. Ai due estremi di questa serie continua
abbiamo l’evidenza di ciò che risulta vero in quanto presente ai sensi
e, all’estremo opposto, la conclusione di un ragionamento. La verità
percettiva, come la costatazione che è giorno oppure è notte nel momento
presente, è vicina alla realtà materiale e fenomenica elementare, e si presta
più facilmente a rappresentare la “verità oggettiva”. La verità su un oggetto
di alto livello di astrazione, ammesso che esista, per essere condivisa
comporta che le persone giudicanti condividano sia la concezione sia il
ragionamento. Nella parte della gamma prossima all’estremo astratto si situa la
maggior parte dei problemi di natura filosofica e religiosa che attengono alla
verità.
Siccome nella
radice semantico-concettuale del vero c’è l’esperienza antropologica di realtà,
un attributo che si dà per implicito è l’unicità, a volte confusa o
assimilata con l’assolutezza: se la verità è che in questo momento è
giorno, non può essere anche notte. Ma se nell’a-lētheia
percettiva l’evidenza solare dello stato diurno soddisfa paradigmaticamente
questo requisito, nei ragionamenti su questioni meno semplici le cose non
stanno così, perché possono esistere, ad esempio, più aspetti di una questione,
tutti veri e non mutuamente escludentisi. Le cose sembrano più semplici quando
si consideri la verità di una proposizione secondo il criterio espresso in
termini di orthotēs, ossia di giusto,
corretto.
Ma poi, a ben
vedere, la semplicità riguarda solo i casi definiti in tutto e per tutto
secondo logica matematica, così come hanno fatto i logici contemporanei, ed
eminentemente, fra questi, Ludwig Wittgenstein. Si, perché, come accade nelle
formule del linguaggio comune, basta un piccolo shift dalla dicotomia
giusto/sbagliato a quella vero/falso, per entrare in un ginepraio.
La falsità non
esiste in natura; come ha spiegato al seminario sull’Arte del Vivere il nostro
presidente, nasce quale variabile intenzionale di coscienza: il concetto
di falsità è generato dall’esigenza di indicare il comportamento di qualcuno
che mente o si comporta volutamente in modo opposto al proprio sentire per
ingannare l’altro. Tuttavia, in tutte le lingue e in ogni epoca, ma
particolarmente in quella presente, si tende a sostituire la coppia vero/falso
a quella giusto/sbagliato, creando sedimentazioni di coscienza e, in qualche
incauto, l’equiparazione di un errore commesso per imperizia, imprudenza o
negligenza, ossia superficialità irriflessiva, a una “falsità”.
Senza voler
entrare in una questione tanto complessa quanto per noi solo marginale,
riguardante il lessico filosofico derivato da cattive traduzioni, qui ci piace
ricordare che nel tradurre “falsificare” il verbo to falsify
impiegato da Karl Popper per indicare il verificare se qualcosa è sbagliato,
si sono versati i proverbiali fiumi di inchiostro in italiano sulla “falsificazione
nella scienza” (ossia sulle verifiche sperimentali), creando un monte di
equivoci non solo tra i divulgatori.
Una persona
che compie errori in buona fede non è menzognera; così un’attività scientifica
che commette errori o ottiene esiti superati da altri esperimenti non si può
dire che è produttrice di falsità, ma semplicemente che non ha raggiunto lo
scopo che si prefiggeva, così come non parleremmo di falsità per chi sbaglia
strada nel recarsi in un luogo che non conosce.
Per affrontare
il problema di distinguere chi erra da chi altera possiamo
rifarci a un’altra acuta escogitazione della cultura greca. Il dio-fiume Nereo
è portatore di non-menzogna e di divinazione: è pulita la sua acqua,
cristallina e trasparente come quella di una fonte, non c’è nulla di torbido,
di guasto, di falso in lui: non c’è menzogna, anche se c’è imperfezione e
incompiutezza, anche se ha limiti simili a quelli degli esseri umani.
Concludo con
un’osservazione generale: la filosofia antica, e in parte quella medievale,
hanno declinato la verità e il suo opposto all’interno della relazione
tra l’essere e il divenire, la filosofia moderna l’ha spostata
nell’ambito dell’essere e l’apparire, e infine la filosofia
contemporanea si è resa conto che essere, divenire e apparire sono parole e,
dunque, per impiegarle come variabili del concetto di verità è necessario
approfondire l’analisi del modo in cui si usano per cogliere la sostanza dietro
la denotazione. Altrimenti, si rischia di non dire la verità sulla verità!
[BM&L-Italia, marzo 2022].
Notule
BM&L-12 marzo 2022
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